La scelta del ristorante è sicuramente molto difficile per tutti coloro che seguono un determinato modello alimentare. Anche chi segue la dieta italiana può avere sicuramente delle grosse difficoltà nel muoversi nel mare magnum di proposte che in ogni zona d’Italia attraggono il consumatore.
In questo articolo vengono fissati alcuni requisiti che la dieta italiana reputa fondamentali per ogni esercizio che voglia rispettare canoni salutistici accettabili.
Poiché i vari esercizi si differenziano molto in termini di prezzo, tutti quei parametri al di fuori dell’aspetto salutistico sono lasciati al consumatore. Spetta a lui decidere se l’ambiente (la sala, i tavoli ecc.) e il servizio (il personale, la presentazione dei piatti ecc.) valgono o no il prezzo che ha pagato. Prima di questi parametri (non dimenticatelo!) è fondamentale valutare la qualità di ciò che vi viene proposto.
Premessa fondamentale è che il gusto non può essere un buon metro di giudizio. È ormai a tutti noto l’esempio del cane che divora avidamente la ciotola piena di un cibo con ingredienti che un umano definirebbe di scarto; il nostro gusto non è molto diverso da quello dei cani: se siamo fortunati ci accorgiamo della scarsa qualità del cibo solo a posteriori (per esempio per problemi digestivi), ma il più delle volte reputiamo ottimo un alimento che salutisticamente è di qualità mediocre. Questo perché il nostro gusto non sa riconoscere additivi (conservanti, coloranti ecc.), né sa distinguere ingredienti scadenti “simili” a ingredienti ottimi (per esempio un gelato con grassi vegetali idrogenati da uno con ingredienti genuini), soprattutto se sono stati usati sistemi di camuffamento del gusto (troppo sale, troppo zucchero, aromi). Solo soggetti molto allenati possono accorgersi delle differenze, ma non si può pretendere che tutti acquisiscano una competenza da veri esperti.
Scelta del ristorante: accorgimenti
Vediamo adesso alcuni accorgimenti per una valutazione del punto di ristorazione che prescinda dal gusto dei piatti.
Ingredienti – È facile accorgersi se sono utilizzati ingredienti con additivi sospetti. In un albergo basta verificare la colazione e scoprire nelle etichette delle confezioni di biscotti, fette biscottate o brioche, prodotti di dubbia qualità: margarina, grassi vegetali idrogenati, generici grassi vegetali ecc.
Anche per i gelati è possibile verificare se vengono venduti prodotti industriali di bassa/media qualità anziché “gelati della casa”.
Stessa attenzione con i salumi, magari chiedendo al ristoratore quali usa: se non accennerà al fatto che usa solo salumi senza conservanti (nitriti/nitrati), probabilmente userà prodotti con additivi sospetti; trucco analogo per il glutammato: provate a chiedere al cuoco quale dado usi per rendere così appetibili i cibi, visto che “io uso XYZ, ma non riesco a ottenere una carne così saporita”. Solo la risposta “un vero cuoco non usa dado” è accettabile (il vecchio estratto di carne è ormai introvabile!).
Indagate anche sulla parte lipidica: esistono ristoratori che esaltano l’olio di palma semplicemente perché non hanno nessuna cultura alimentare e altri che sono convinti che l’olio di girasole sia il massimo per cucinare (in realtà se è estratto a freddo ha un punto di fumo bassissimo, mentre se è raffinato è un olio accettabile, ma non certo il migliore).
Per valutare la salubrità degli ingredienti è quindi necessario giocare un po’ a Sherlock Holmes, senza sentirsi in imbarazzo nel chiedere; provate la domanda: “perché l’olio extravergine d’oliva è il migliore?” e verificherete che fra le tante risposte poche si avvicinano a quella giusta: “è il più ricco di monoinsaturi, quindi è molto stabile (a differenza di quelli ricchi di polinsaturi che si degradano più velocemente) e ha un alto punto di fumo anche se estratto a freddo; basta scegliere per ogni applicazione quello con il gusto corretto”.

La scelta di un buon ristorante deve basarsi su diversi parametri che prescindono dal gusto personale
Livello di dettaglio degli ingredienti – Questo è un punto fondamentale: in pochissimi ristoranti si preparano piatti dagli ingredienti grezzi. Esistono in commercio praticamente “preparati per tutto”, da quello per il risotto a quello per il gelato istantaneo. Di solito la qualità è molto scadente, anche se consentono la massima velocità di preparazione. I migliori esercizi invece preparano tutto a partire dagli ingredienti base: pane, pasta, gelati, confetture ecc. Può sembrare un pregio di poco conto, ma basta riflettere un attimo: in un ristorante che senso ha pagare un prodotto industriale quattro o cinque volte quello che lo pago al supermercato?Gli esercizi migliori si documentano anche sulle proprietà dell’acqua che usano per cucinare (provate a chiedere la durezza dell’acqua).
Temperatura – La temperatura a cui vengono gestiti i cibi è fondamentale sia per l’igiene sia per la migliore qualità degli stessi. Alle basse temperature per molti cibi è fondamentale l’uso di abbattitori (quanti li usano?) che evitino di disperdere la naturale umidità, mentre alle alte temperature è fondamentale non superare i 180-200 °C perché, se si va oltre, i problemi di conservazione delle proprietà nutritive diventano veramente difficili da risolvere.
Metodi di cottura – Lasciate perdere gli esercizi i cui menu sono ricchi di piatti fritti o grigliati. È praticamente impossibile ottenere una frittura salutisticamente accettabile compatibilmente con il business (chi vi assicura che l’olio non sia riciclato?).
Menu – L’ideale sarebbe che per una parte dei piatti (almeno i più semplici) vengano indicate le calorie oppure l’ipocaloricità; è anche importante che in ogni menu ci sia un piatto semplice (per esempio “stinco di maiale al forno”) perché non tutti sopportano piatti elaborati. Del resto, se uno chef è grande, lo è anche con piatti dalla ricetta semplicissima.
Esigenze particolari – Verificate che il ristorante sia in grado di gestire situazioni salutistiche particolari, come piatti per celiaci, per diabetici ecc. L’attenzione alla salute del cliente è indice di una conoscenza attenta di ciò che si propone alla propria clientela. Un ristoratore che non sa rispondere alla domanda: “Sono celiaco. Posso prendere questo piatto?“, non è certo il massimo della conoscenza salutistica di ciò che propone.