Questo articolo potrebbe sembrare esclusivamente pensato per gli sportivi; in realtà è dedicato a tutti coloro che fanno un minimo di attività fisica e dimostra come una pessima ripartizione dei macronutrienti possa penalizzare ciò che facciamo.
In alcuni ambienti si sono diffuse diete ad alta percentuale di lipidi (cioè che coprono più del 60% del fabbisogno energetico giornaliero con i grassi), con l’effetto presunto di abituare il nostro organismo a bruciare preferibilmente le scorte lipidiche, favorendo così il dimagrimento. In base alle conoscenze attuali è però risaputo che la ripartizione dei macronutrienti deve essere ben diversa da quella proposta da queste diete.
In questi ultimi anni la ricerca si è anche focalizzata sull’influenza delle diete iperlipidiche sulla prestazione di resistenza a intensità moderata (inferiore al 70% del massimo consumo di ossigeno); gli effetti presunti sono quelli di incrementare, nei muscoli, la capacità di utilizzare i grassi come fonte energetica (a intensità moderate) risparmiando il glicogeno e prolungando la capacità di sostenere lo sforzo a lungo a intensità medie.
I risultati delle diverse ricerche si possono riassumere nei seguenti punti:
- Chi segue una dieta ad alto contenuto di lipidi (e normocalorica) incrementa l’utilizzo di acidi grassi ad attività sottomassimali rispetto a chi segue una dieta normale; inoltre si verifica un incremento delle scorte intramuscolari di trigliceridi. La quantità di glucosio che entra nelle cellule muscolari durante lo sforzo invece, è lo stessa, indipendentemente dalla dieta.
- Attualmente non è stato dimostrato che questo effetto incrementi la prestazione, cioè (nel caso specifico) il tempo di esaurimento a intensità medio-basse (55-70% del massimo consumo di ossigeno, VO2max).
- Una dieta del genere abbassa in maniera significativa le riserve di glicogeno muscolare ed epatico, limitando la prestazione ad alta intensità (oltre l’80% del VO2max) in cui le riserve di glicogeno sono un fattore limitante.

Gli effetti presunti di alcune diete iperlipidiche sono quelli di incrementare, nei muscoli, la capacità di utilizzare i grassi come fonte energetica
Considerazioni a seguito dei risultati
- Alla luce di questi risultati molti autori sono concordi nel definire l’impoverimento delle scorte di glicogeno muscolare, come lo stimolo a un maggior utilizzo di acidi grassi durante l’esercizio.
- Una dieta iperlipidica comporta anche un basso introito di carboidrati (perché la maggior parte delle calorie della dieta sarebbe fornita dai grassi) e un maggior utilizzo delle proteine muscolari a scopo energetico con tutti i probabili disturbi che ne derivano (eccessivo catabolismo muscolare, allungamento dei tempi di recupero dello sforzo ecc.).
- Scarsi livelli di glicogeno muscolari ed epatici (come quelli indotti da diete iperlipidiche) compromettono seriamente la capacità del soggetto di eseguire sforzi intensi e di lunga durata e rendono meno efficace il recupero (infatti come dimostrato da Kimber e coll 2003, la risintesi di glicogeno durante il recupero ha la priorità rispetto a quelle dei trigliceridi intramuscolari). Inoltre diminuisce la capacità aerobica.
- Gli effetti avversi di diete ad alto contenuto di lipidi, in particolar modo ipercaloriche, ormai sono conosciuti (problemi cardiovascolari, diabete ecc.); limitando l’apporto calorico e quello dei grassi saturi (preferendo quelli insaturi), ma mantenendo una dieta iperlipidica, non è detto che siano eliminati questi fattori di rischio. Infatti, una dieta iperlipidica è ben lontana dalla tipologie di diete consigliate per gli sportivi e per il mantenimento di un corretto stato di salute!
Conclusioni
Il consiglio di adottare una dieta iperlipidica per il miglioramento delle prestazioni di resistenza parte da considerazioni semplicistiche che non tengono conto di risultati sperimentali e della biochimica; un chiaro esempio di disinformazione.
Infatti, lo stimolo principale per migliorare la massima potenza lipidica (velocità alla quale esiste il massimo consumo di lipidi/minuto) è l’abitudine ad allenarsi in condizione di deplezione di glicogeno; ciò però, non deve essere una condizione abituale dell’allenamento, altrimenti si potrebbe andare incontro a infortuni o altri effetti pericolosi (vedi Potenza lipidica). Tale condizione, inoltre, è raggiungibile in particolar modo attraverso allenamenti di durata a velocità non molto inferiori a quelle ipotetiche di maratona.
Quindi,
dovrebbe essere l’allenamento, per la maggior parte degli sportivi, lo stimolo principale per abituare l’organismo a consumare elevate quantità di lipidi a velocità sottomassimali, e non la dieta.
La dieta italiana consiglia una ripartizione del tipo 50% carboidrati, 20% proteine, 30% grassi; tali quote sono leggermente elastiche in base ad alcuni fattori come le ore di allenamento giornaliere, la distanza dall’allenamento, ecc. Inoltre non sono gli unici fattori da tenere in considerazione per seguire una dieta corretta ed equilibrata. Si rimanda ad articoli specifici nella sezione Alimentazione per ulteriori approfondimenti.
Bibliografia
Coggan A, Hopkins W, Coleman E, Spriet L. Dietary fat and physical activity: fueling the controversy.
Kimber NE, Heigenhauser GJ, Spriet LL, Dyck DJ. Skeletal muscle fat and carbohydrate metabolism during recovery from glycogen-depleting exercise in humans. J Physiol. 2003 May 1;548(Pt 3):919-27. Epub 2003 Mar 21.
Helge JW, Watt PW, Richter EA, Rennie MJ, Kiens B. Fat utilization during exercise: adaptation to a fat-rich diet increases utilization of plasma fatty acids and very low density lipoprotein-triacylglycerol in humans. J Physiol. 2001 Dec 15;537(Pt 3):1009-20.
Helge JW. Long-term fat diet adaptation effects on performance, training capacity, and fat utilization. Med Sci Sports Exerc. 2002 Sep;34(9):1499-504.