Il termine Campylobacter indica un genere di batteri Gram-negativi individuato nella seconda metà del XX secolo e che appartiene alla famiglia Campylobacteraceae. Trattasi di un microrganismo a forma di bastoncino ricurvo o di spirale, termofilo (sa adattarsi molto bene a temperature che oscillano tra i 30 e i 47 °C) che può resistere al congelamento e che presenta una certa labilità quando si trova nell’ambiente esterno.
Curiosamente, il Campylobacter è un agente patogeno tutto sommato abbastanza sconosciuto al grande pubblico; la cosa appare alquanto strana perché in tutto il mondo sono moltissimi i casi di tossinfezione alimentare, non sempre di facile risoluzione, legati a questo batterio. Nelle società industrializzate, infatti, le tossinfezioni dovute a Campylobacter sono decisamente più comuni di quanto non si sia portati a credere tant’è che, per esempio, negli Stati Uniti di America il problema interessa annualmente milioni di persone e l’incidenza delle Campylobatteriosi (questo è il nome con il quale si indicano le infezioni causate dal batterio) è superiore a quelle di Salmonella e Shighella insieme. Nell’ultimo decennio, la diffusione delle tossinfezioni da Campylobacter ha registrato un aumento impressionante e ciò rappresenta un notevole problema sia a livello sanitario sia, conseguentemente, a livello socio-economico.
Campylobacter jejuni e le altre specie patogene
A tutt’oggi sono state individuate 15 fra specie e sottospecie di Campylobacter; la maggior parte di esse sono responsabili di patologie umane e animali.
Di norma sono 4 le specie che rivestono un interesse patologico per la specie umana:
- Campylobacter jejuni
- Campylobacter coli
- Campylobacter lari
- Campylobacter fetus.
Le prime tre specie riportate nell’elenco soprastante sono, in ordine decrescente, quelle che più frequentemente risultano associate a processi patologici nel genere umano; di norma sono causa di fastidiose infezioni a livello intestinale che sono accompagnate ai tipici sintomi che caratterizzano le gastroenteriti e cioè nausea, vomito, mal di testa, malessere, diarrea e dolori addominali.
Il Campylobacter fetus è invece un microrganismo che provoca infezioni a livello extraintestinale nei neonati e nei soggetti immunocompromessi.
Le infezioni causate una quinta specie patogena per l’uomo, il Campylobacter upsaliensis, sono molto rare.
Le modalità di contagio
Le Campylobatteriosi sono zoonosi, ovvero patologie trasmesse da animali; la ragione è legata al fatto che questa tipologia di batteri è commensale di molte specie animali sia domestiche che selvatiche. Il principale serbatoio per i batteri in questione è il loro tratto gastrointestinale.
La stragrande maggioranza delle infezioni è originata dal consumo di alimenti e bevande contaminati dalle feci degli animali infetti. Tra i cibi più a rischio si ricordano il latte non pastorizzato, la carne di pollo non troppo cotta, le frattaglie crude di maiali e ruminanti, la carne macinata in genere ecc.
La trasmissione della tossinfezione da Campylobacter può avvenire anche da individuo e individuo per via oro-fecale, ma questa evenienza non è particolarmente frequente; maggiori invece i casi di trasmissione da animale domestico, che può fungere da “serbatoio”, a uomo.
Nelle zone caratterizzate da un clima temperato le Campylobatteriosi si verificano con maggiore frequenza nella stagione estiva e in quella autunnale; generalmente sono i soggetti più giovani quelli maggiormente interessati dal problema.
Campylobacter: sintomi
Il periodo di incubazione delle infezioni da Campylobacter può avere una durata che va da un giorno a una settimana a seconda dello specifico caso. La sintomatologia è generalmente moderata e non distinguibile da quella di altre tossinfezioni alimentari; di norma si registrano dolori addominali, diarrea acquosa e talvolta emorragica, febbre, nausea, vomito e mal di testa.
La durata della sintomatologia può durare da due a sette giorni, anche se in un quinto dei casi si registrano tempi più lunghi.
Di norma l’infezione resta confinata a livello dell’intestino ed è da considerarsi una malattia autolimitante; se non trattata comunque, la malattia può richiedere tempi di guarigione relativamente lunghi (un paio di settimane circa).
Rarissimamente (poco meno dell’1% dei casi) le manifestazioni della patologia sono gravi; quando ciò avviene i soggetti coinvolti sono solitamente persone molto anziane o bambini molto piccoli; queste serie manifestazioni possono consistere in meningite, endocardite e aborto settico.
Nei soggetti immunocompromessi le Campylobatteriosi possono durare molto a lungo e ripresentarsi con una certa frequenza.
Le infezioni da Campylobacter sono state associate a diverse patologie a carattere cronico quali l’artrite reattiva, la sindrome di Guillain-Barré e alcune tipologie di infiammazioni epatiche e renali. Il tasso di mortalità è molto basso, ma non nullo.
Presentando una sintomatologia molto aspecifica, non è facile effettuare una distinzione tra campylobatteriosi e un’altra tossinfezione alimentare; la certezza della diagnosi richiede obbligatoriamente l’esecuzione di un’analisi microbiologica di un campione clinico.

Rendering 3D di Campylobacter al microscopio
Campylobacter: terapia
Dal momento che, come accennato in precedenza, la Campylobatteriosi è una patologia autolimitante, la guarigione avviene spontaneamente nel giro di pochi giorni; in casi normali non è indicato il trattamento con antibiotici. Purtuttavia, nei casi che mostrano una maggiore severità, la somministrazione di antibiotici (di norma eritromicina, ma anche claritromicina e azitromicina, tutti farmaci appartenenti alla categoria dei macrolidi) può accelerare i tempi di guarigione e ridurre quelli in cui il batterio può essere emesso per via fecale.
Non mancano, sfortunatamente, ceppi del batterio dotati di antibiotico-resistenza, in particolar modo alle penicilline e alle cefalosporine; ciò può creare diversi problemi nel caso dei trattamenti dei casi di una certa serietà. Negli ultimi anni si è notato un aumento della resistenza dei ceppi di Campylobacter anche ai trattamenti con fluorochinoloni; vi sono alcuni studi che mostrano una correlazione tra lo sviluppo di ceppi del batterio resistenti a questa categoria farmacologica e l’autorizzazione all’uso di fluorochinoloni negli allevamenti animali.
Nel trattamento delle tossinfezioni da Campylobacter ha fondamentale importanza la terapia reidratante, ovvero la somministrazione di liquidi ed elettroliti.
Strategie preventive
Il pollame è uno dei serbatoi principali delle varie specie di Campylobacter; da indagini effettuate nei grandi allevamenti di pollame europei, si è osservata una positività alle indagini microbiologiche che varia da Paese a Paese; si va infatti da un minimo del 5% a un massimo del 90%.
La contaminazione della carne si verifica soprattutto durante le fasi della macellazione tramite il contatto con il materiale fecale o con il contenuto dell’intestino degli animali. I lavaggi delle carni macellate riducono, pur non eliminandoli del tutto, i rischi di contaminazione.
Una certa riduzione del rischio può avvenire applicando opportune misure di controllo in ogni settore della catena alimentare, ovvero a partire dalle fasi produttive fino a quella della preparazione domestica degli alimenti.
Altre misure preventive sono la cottura dei cibi, il consumo di acqua potabile e la pulizia delle mani con acqua calda e sapone dopo che siamo entrati in contatto con gli animali domestici e prima della preparazione dei piatti.