Da molti anni è notevole l’interesse per i disordini alimentari: anoressia, bulimia, binge eating disorder ecc. Ormai sono veramente tante le sindromi di origine alimentare che sono continuamente ridefinite in base a nuove conoscenze.
A mio avviso, è decisamente sottovalutato il ruolo del dimagrimento in relazione alla psicologia del soggetto (in genere è legato solo a concetti negativi come quello di anoressia). Quando il desiderio di dimagrire non è patologico, ma risponde a canoni salutistici, il riuscirci non può che accrescere l’autostima che il soggetto ha, come succede con il raggiungimento di un qualunque altro valore etico. Il termine “etico” può sembrare esagerato, ma il soggetto che vuole dimagrire per un fine salutistico ritiene un valore l’amore per il proprio corpo e tale amore entra nella sfera della morale esattamente come l’amore per il prossimo.
Molte persone che presentano tratti depressivi (senza essere depresse da un punto di vista clinico) sono tali perché non riescono a inquadrare la realtà nei loro desideri e il sovrappeso è uno degli aspetti più evidenti della loro incapacità di controllare il mondo e la propria vita. Se si pensa che l’ansia nasce sempre da un mancato controllo (reale o presunto) della situazione che ci circonda, ben si comprende che, oltre a una componente depressiva, il sovrappeso può innescare in molti individui una forte componente ansiosa.
Se non riesco a controllare il mio peso, come posso controllare aspetti della mia vita meno dipendenti da me?
Questa domanda può essere cosciente oppure può essere stata rimossa con il classico meccanismo della volpe e l’uva: “io mi accetto come sono”. Purtroppo tale meccanismo non funziona bene e a lungo che in pochissimi soggetti. Infatti la società mette sempre e comunque il soggetto in sovrappeso davanti alla sua condizione, anche quando sembra assolverlo.
Questo atteggiamento non è affatto ghettizzante perché è la semplice e banale realtà. Ritenere che sia errato puntare su corpi magri, mostrare fisici troppo snelli, promuovere la forma fisica e la magrezza perché ciò nuoce a chi magro non è, è abbastanza contraddittorio se poi si è costretti ad ammettere che i soggetti in sovrappeso sono a maggior rischio di cardiopatia, di diabete, di cancro ecc.: una persona intelligente sa che la realtà non fa mai male perché solo da essa può nascere un miglioramento.

Un dimagrimento salutistico di una persona in sovrappeso ne aumenta l’autostima.
Per gioco, classifico in una cartella i messaggi di coloro che mi scrivono ringraziandomi di essere dimagriti grazie alla dieta italiana: la cartella contiene migliaia di mail. Tutti i messaggi hanno in comune un fatto importantissimo: non solo la salute è migliorata, ma è migliorata anche l’autostima e la fiducia in sé stessi (ovviamente ho poi cercato di spiegare che la propria autostima non deve basarsi sui risultati che otteniamo, scoprendo, come detto all’inizio dell’articolo, che per molti ritornare magri faceva parte della sfera morale, come amore per sé stessi). Quindi, anche per un adulto è lecito supporre che:
un dimagrimento salutistico di una persona in sovrappeso ne aumenta l’autostima.
Del resto questa importante conclusione era già nota in campo infantile. La ricerca di Kylie Hesketh (University of Melbourne & Murdoch Children’s Research Institute in Parkville; 1997-2000) ha seguito 1.157 bambini nella fascia d’età di 5-10 anni, valutando senso di autostima e peso corporeo. La ricerca ha mostrato che i bambini in sovrappeso e quelli obesi avevano un senso di autostima più basso; ciò era più evidente per i bambini più grandi.
Nella rilevazione del 1997, 937 risultavano normopeso, 174 in sovrappeso e 46 obesi; dopo tre anni 881 erano normopeso, 227 in sovrappeso e 49 obesi.
La diminuzione dell’autostima (valutata secondo questionari standardizzati sottoposti ai genitori) era proporzionale all’IMC: tanto più alto l’IMC, maggiore la diminuzione, quindi minore l’autostima.